Anche questa frase viene pronunciata più e più volte nel corso di acquisizioni e/o in chiusura di trattativa, e nasconde numerose insidie.
Le insidie non sono (come invece si potrebbe facilmente pensare) nella sola testa del mediatore il quale incassa meno di quello che generalmente chiede, o per lo meno non sono le insidie maggiori.
Ad inizio della mia carriera capitava spesso che accettassi velate forme di ricatto tipo questa, e per la smania e la paura di perdere l’affare acconsentivo periodicamente, se non sempre.
Poi però, dopo aver accettato mediazioni diverse da quelle che reputavo giuste per il mio operato, mi rendevo conto che la frustrazione per questa cosa me la portavo dietro, a volte la alimentavo e spesso boicottavo (in modo inconscio) la buona riuscita dell’affare.
Da lì ho appurato il fatto che, quando ci si affida ad un professionista, si deve entrare nell’ordine giusto delle idee che vada pagato in modo esaustivo (quindi accettando la sua proposta, a meno che questa non sia fuori da ogni schema logico di uso e costume) semplicemente perché deve fare i nostri interessi, e quindi se lo paghiamo bene o il giusto sicuramente eviteremo l’ipotesi che non possa difendere la nostra posizione.
Ecco perché in quest’ottica il negoziatore (o rappresentante) di parte assume la figura del professionista per eccellenza con la P maiuscola, viene ingaggiato e pagato solo dal cliente che lo sceglie, e scegliendolo viene accettato per la sua reale natura.
Ma poi, diciamocela tutta, c’è anche una certa abitudine di chiedere al mediatore una scontistica sempre e comunque, ma i responsabili di questo siamo sempre e solo noi professionisti che non siamo capaci di far pesare il nostro vero lavoro agli occhi del potenziale cliente.